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In trasferta: Palermo, I

Piazza Pretoria
Dopo i classici giorni di riposo post-vacanza, dopo i tipici bagordi da "Festa Patronale", a distanza di una settimana dal mio ritorno da Palermo, mi sembra giunto il momento di raccontarvi della mia permanenza in questa splendida città Siciliana partendo, ovviamente, dal primo giorno di permanenza (raccontare delle sue bellezze e del suo cibo in un unico post è decisamente impossibile, oltre che tremendamente lungo 😂). Misteriosa, contraddittoria e meravigliosamente vera. Palermo sincretizza gli opposti, adagiata tra i monti ed affacciata sul golfo, si presenta come una città in cui luci ed ombre, non solo convivono, ma si fondono in una realtà fatta di rocce e pietre preziose, dove il più bello dei palazzi storici affianca il più disfatto dei palazzi comuni, dove ogni vicolo ha una storia da raccontare e gioielli da scoprire. E dai suoi vicoli stretti ed affollati, dai suoi mercati caotici e coloratissimi, dalle sue chiese incredibilmente belle sono stata rapita per ben quattro giorni, passati sempre, o quasi, con la bocca piena (serve a questo lo street food, no?) e lo stupore negli occhi.
Giorno 1
Scesi (io e Beppe) dal pullman, dopo quasi 11 ore di viaggio, l'impatto con la città è stato quanto meno positivo, arrivati nei pressi del Teatro Politeama siamo stati incantati dallo scenario che ci si è posto d'avanti, una struttura mastodontica di fine 800, un ingresso monumentale, un Arco di Trionfo sormontato da un complesso bronzeo di cavalli rampanti, in un gioco di simmetrie ed una struttura rotondeggiante delineata da enormi colonne, dietro le quali si nascondono degli affreschi splendidi. 

Subito dopo aver lasciato i bagagli nel B&B, nel cuore pulsante della Vucciria, abbiamo iniziato il nostro viaggio partendo dal Santuario di Santa Rosalia, in cima al Monte Pellegrino (da cui si gode di uno splendido panorama sulla città). Un luogo decisamente suggestivo, un capolavoro di ingegneria e architettura, in cui è tangibile il forte sentimento di devozione verso la "Santuzza"  e si respira un'aria carica di misticismo. Entrando, ci si sente quasi sopraffatti dalla meraviglia di questo luogo sacro che è un tutt'uno con la grotta in cui, nel 1624, furono ritrovate le ossa della Santa, da visitare assolutamente.
L'Oratorio di Santa Cita, nel cuore de "La Loggia" (il centro storico della città). 
Un luogo di assemblea e di culto, con funzione liturgica e allo stesso tempo sociale, decorato interamente da Giacomo Serpotta, da me definito il Bernini siciliano,  tra il 1686 ed il 1718. Entrando si viene accolti da un'atmosfera, direi quasi.. abbagliante (ahimè non si nota in foto), risultato degli stucchi candidi, delle decorazioni dorate e delle ampie finestre, ci si perde letteralmente ad osservare il tripudio di putti, statue allegoriche e teatrini, oltre che ad analizzare la rappresentazione dei misteri Gaudiosi, Dolorosi e Gloriosi minuziosamente elaborati, in cui si ritrovano sempre nuovi elementi ad ogni sguardo, un vero capolavoro dell'arte siciliana, imperdibile.

All'incrocio delle principali vie di Palermo, via Maqueda e il Cassaro, ci siamo ritrovati in una piazza ottagonale, delimitata da quattro enormi edifici, denominata piazza Villena ma conosciuta come i Quattro Canti. In un gioco di simmetrie le facciate sono state realizzate, tra il 1609 ed il 1620, su quattro livelli, ciascuno dei quali con il proprio significato.
Al piano inferiore si trovano le fontane che rappresentano i fiumi della città antica, al primo livello, in stile dorico, ci sono le allegorie delle quattro stagioni con Eolo, Venere, Cenere e Bacco; il secondo livello ospita le statute di Carlo V, Filippo II, Filippo III e Filippo IV; infine nell'ultimo livello troviamo le quattro sante patrone palermitane Agata, Ninfa, Oliva e Cristina.
A due passi dai Quattro Canti abbiamo ammirato la Fontana Pretoria, una meravigliosa fontana monumentale, dall'architettura elaborata con ponti, balaustre e complessi statuari composti da personaggi mitologici e allegorie. Inutile dire che l'ho amata.

La Chiesa di San Cataldo ci ha incantati con le sue cupole rosse e con la sua storia millenaria. Fondata tra il 1154 e il 1160, appartiene all'Itinerario arabo-normanno, patrimonio dell'umanità UNESCO dal 2015. Stupisce la sua imponenza e la sua semplicità contrastata dall'elaborato pavimento musivo, forse unica vera testimonianza del connubio tra l'arte bizantina ed islamica.
La Chiesa della SS. Trinità o La Magione, nella "Kalsa" si trova in una zona lontana dai classici percorsi turistici, immersa nel silenzio è un classico esempio dell'architettura arabo-bizantina, l'interno della chiesa è ampio e arioso dalle linee semplici. Costruita alla fine del 1100 ha subito numerose vicessitudini ed è diventata la casa dei Cavalieri Teutonici nel 1197 da cui prende il nome di Magione, fino ad oggi ha subito infiniti restauri mantenendo però la sua esseza. Nel complesso monumentale si trova uno splendido Chiostro Cirstercense, quasi  immutato, dalle meravigliose colonne ed elaborati capitelli, un luogo che sprigiona pace e tranquillità.

La Vucciria, il mercato più antico e popolato della città, con i suoi vicoli stretti, i murales disseminati un po' ovunque, dormiente di giorno ma iperattivo di notte, con le sue trattorie e le sue bancarelle di "arrust e meng", mi ha fatta innamorare di Palermo perchè ne è la sua vera essenza, chiassoso e coloratissimo li ci si incontra per condividere del buon cibo e quattro chiacchiere mentre in pentola bolle un polpo e sulla brace scoppiettano gli "gnummareddi".
A due passi, la "Fontanta del Garaffello" unica superstite di una serie di monumenti andati distrutti dall'ultima grande guerra, come i palazzi che circondano la piazza, rimasti immutati dal momento in cui sono stati colpiti, a testimonianza delle barbarie della guerra, una zona che si trova sicuramente in uno stato avanzato di degrado, ma che merita di essere vista, perchè conserva i segni della nostra storia più buia e crudele.

Dopo tutto questo visitare, stanchi ed affamati nei pressi di Porta Felice, Trip Advisor ci ha consigliato di resistere ancora per pochi metri per raggiungere uno dei posti più rinomati dove, ovviamente, la fanno da padrone le panelle ed il "Pani câ meusa". Da Nni Franco u' Vastiddaru ho respirato l'aria della tipica paninoteca palermitana, spartana e senza pretese con a vista il tipico calderone in cui viene cotta la "meusa", un insieme di milza, polmone e talvolta trachea, in continuo bollore. Il menù prevede una lunga lista di proposte tra le quali è difficile scegliere, e tutte ad un prezzo irrisorio, il rapporto qualità prezzo è incredibile.
Per non sbagliare ci siamo buttati a capofitto su di un piatto di fritto misto con "Arancinette e Crocchè", sul Pani câ meusa (scelta praticamente obbligata) e, per concludere in bellezza,  un panino con la caponata, del quale manca la foto per via della mia voracità 😂. Deliziose le arancinette classiche al ragù, dal sapore deciso e gustoso, ne avrei mangiate quintali, molto più delicate invece quelle al burro, dal sapore equilibrato e dalla consistenza avvolgente, forse dopo averne mangiate un paio risultano stucchevoli.
Buone le crocchè di patate, farcite con cotto e mozzarella filante, e quelle al latte, leggerissime, una nuvola di patate, impanata e fritta, dalla panatura croccante ed il cuore morbido.
Perfetto il Pani câ meusa, condito con una manciata di caciocavallo, ogni morso un'esplosione di gusto, intenso e ferroso, addolcito ed insaporito dal caciocavallo, ho amato la sua consistenza tenace. Un'esperienza esoterica da provare. Promosso a pieni voti, meritatissimo il giudizio 4/5 su Trip.
E per oggi è tutto 😎     

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